Biblioteca Labronica. Centro di documentazione e ricerca visiva. Fotografia dell'800 a Livorno
Presumibilmente a
Livorno, la notizia della
scoperta di Daguerrre
viene recepita attraverso
le notizie dei periodici
provenienti dalle altre città,
non essendo stata
identificata per il 1839 una
testata giornalistica
stampata in loco. Non è da
escludere che anche i
numerosi viaggiatori che
sbarcano in città
provenienti dai porti dellalto
Tirreno portino notizie
su ciò che accade a Parigi.
La comunità livornese è
attenta e aggiornata
grazie alla
partecipazione dellAccademia Labronica
alla seduta dei Dotti di
Pisa - dove ha avuto luogo
una dimostrazione
pubblica dellesperimento
dagherrotipico - e alla
conseguente relazione
letta a Livorno.
Una copia di una breve
relazione sulla dagherrotipia
datata 1840 redatta da
Carlo Passerini, socio
dellAccademia dei
Georgofili, è conservata presso
la Biblioteca Labronica.
Si tratta di un interessante
documento pervenuto tra
le carte del segretario
dellAccademia
Labronica Francesco Pistolesi, che i
vari autori di storia
della fotografia hanno finora
segnalato presente presso
il "Metropolitan Museum
of Arts" di New
York.
In Toscana, dopo gli
esperimenti del 1839-1840,
vi è come in altre parti
dItalia, larrivo dei
professionisti del
dagherrotipo, i quali imparata
larte a Parigi o
negli altri centri, viaggiano con le
loro ingombranti
apparecchiature spostandosi da una
città allaltra a
caccia di clienti. Gli attuali studi finora
pubblicati riguardanti
linizio dellattività fotografica
nel Granducato, segnalano
la presenza dei primi
fotografi a Firenze e
nelle altre città darte.
Nel capoluogo dati
ufficialmente confermati segnalano
nel 1851 lattività
dellinglese Giovanni Brampton
Philpot, di Leopoldo
Alinari nel 1852, di Giacomo Brogi
nel 1859, mentre il
Semplicini illustra il catalogo
dellEsposizione
Nazionale di Firenze del 1861.
La città toscana dove è
documentata la più precoce
attività di un
dagherrotipista è però Livorno attraverso
lopera di Giuseppe
Marzocchini.
Egli stesso segnala
linizio della sua attività nel 1843.
La data è precoce anche
perchè Riccardo Marzocchini,
forse già fonditore di
caratteri tipografici, non fa parte
di quella schiera di
fotografi itineranti che percorrono
la costa tirrenica verso
Roma e Napoli, sullentusiasmo
subito a ridosso della
scoperta, ma apre lo studio nella
nativa Livorno. Maria
Masieri Nider riporta unintervista
fatta al fotografo Borra
che nei primi decenni del secolo
è ragazzo di bottega
nello stabilimento fotografico
Marzocchini, il quale
ricorda di aver visto depositati nei
locali numerosi
dagherrotipi. Una biografia sui
Marzocchini di carattere
pubblicitario ritrovata
nellAnnuario
"Meozzi" del 1913 racconta tra laltro che:
"... un francese
certo Bargignac conosceva il processo
(dagherrotipico n.d.a.)
ed avendo fatto amicizia con i
Marzocchini, li persuase
ad acquistarlo. Detto fatto: in
breve i primi
daguerrotipi di persone conosciute a
Livorno furono esposte in
Via del Giardino, e la gente
si affollava meravigliata
e ammirata attonita, quei
quadretti che
costituivano una novità veramente
strepitosa" e
ancora:
".... da ogni parte
della Toscana, Firenze compresa,
accorrevano i clienti
desiderosi di farsi riprodurre."
Non essendo possibile
oggi confermare o meno lepisodio
di questo amico francese,
possiamo però avallare lidea
sulla precocità
dell attività del Marzocchini.
E facile supporre
che anche altri fotografi, con attività
itinerante, abbiano
sostato a Livorno negli anni precedenti
allUnità
dItalia, aprendo forse i loro studi per brevi periodi
per poi spostarsi in
altre zone. Livorno era meta appetibile
per esercitare questa
nuova attività: la città, più di oggi,
era allora una delle mete
preferite per la villeggiatura sulla
costa tirrenica. I suoi
bagni e il lungomare, erano ricercati
dalle famiglie benestanti
di tutta la Toscana.
Anche il porto, con la
sua frenetica attività, contribuiva a
rendere Livorno città
cosmopolita. La storica della
fotografia Marina
Miraglia, identifica come specializzazioni
della fotografia toscana
dellottocento due distinti settori:
quello della riproduzione
di opere darte e quello della
fotografia scientifica.
Attraverso le immagini finora
identificate, prodotte in
ambito locale e in attesa di
ulteriori ricerche e
approfondimenti, possiamo definire un
filone prettamente
livornese che, rispecchiando la società
locale ottocentesca,
privilegia soggetti e costumi
rappresentanti la nuova
classe emergente della facoltosa
borghesia labronica.
A Livorno, nella prima
metà dellottocento, miglioramenti
urbanistici ed economici,
pur nellincertezza politica di
quegli anni,
contribuiscono ad arricchire la vitalità della
città. Ferdinando III
dei Lorena pone le basi per
numerose infrastrutture
tra cui lacquedotto di Colognole.
Nel 1816 viene fondata
"lAccademia Labronica" da
Giuseppe Vivoli. Nel 1824
la successione di Leopoldo II
accentua gli interventi
economici e urbanistici dellarea
livornese. Anni dopo
viene completata la cinta muraria
della città, cominciano
ad essere consistenti i benefici
economici di Livorno e
della Toscana. Nel 1835 vi è la
costruzione e il varo a
Livorno dei due primi battelli a
vapore costruiti in
Italia attraverso limpegno di Gustavo
Capanna. Nel 1844 Livorno
è sede del primo tratto
ferroviario della
regione: la Livorno-Pisa.
Dopo lunificazione
il cantiere navale ottiene nuovo
vigore è rilevato nel
1866 dai fratelli Orlando, siciliani
di origine ma già attivi
da alcuni anni a Genova che
ridanno lustro ed
efficienza alle officine cantieristiche,
riportando ampi e
meritati consensi nelle esposizioni
internazionali
dellindustria. Nel 1881 sarà inaugurata
anche lAccademia
Navale a Livorno.
Lottocento
livornese fino alla data dellunificazione,
contiene una serie
travagliata e continua di episodi
e drammi verso la tanto
agognata Unità dItalia.
Lo spirito cittadino, che
trae da lontano linsofferenza
verso abusi e angherie,
lotta contro gli interessi delle
potenze straniere
occupanti, che hanno ben chiara
limportanza
strategica ed economica della città.
La vita culturale e
politica della città labronica è in
fermento: si aprono
numerosi teatri, frequentata da
personaggi quali Byron e
Shelley Cresce nello stesso
periodo limpeto
delle riforme liberali. Guerrazzi e Bini,
con altri, pubblicano
"Lindicatore livornese" nel 1829
al quale collabora anche
Mazzini. I due, per la prima
metà del secolo scorso,
sono costante punto di
riferimento per tutti
coloro che operano per la
liberazione dalla
dominazione straniera, tra arresti,
società segrete, e
scritti di alto valore politico.
Tra il 1848 e il 1849 i
moti di Livorno causano
lassedio della
città da parte delle truppe austriache
e dei soldati granducali.
I livornesi soccombono dopo
una valorosa resistenza.
Per lepisodio la città fu
insignita della Medaglia
dOro nel 1906 .
Alle cerimonie prese
parte il deputato e fotografo
Vittorio Ezio
Marzocchini.
Diversi livornesi
parteciparono come volontari
alle battaglie
pre-unitarie e la fotografia del periodo,
è attenta nel seguire
levolversi degli avvenimenti.
Data la gravosa mole
delle apparecchiature e la
lentezza della ripresa
fotografica, ancora non si
può parlare di riprese
istantanee degli avvenimenti
bellici, e i fotografi
del periodo preferiscono ritrarre
i protagonisti
risorgimentali in studio, spesso in
formato "Carte de
Visite", che supporta le piccole
immagini che sono
facilmente scambiabili di mano
in mano, e diventano
presto direttamente o meno,
valido strumento di
propaganda. A Bologna al
Museo del Risorgimento
sono conservate tra
laltro immagini di
Garibaldi realizzate da Carlo
Neopolo Bettini fotografo
operante a Livorno.
Al seguito di Garibaldi e
dei Mille nelle loro gesta
in Sicilia vi è anche un
giovane giornalista livornese
appena laureato in
giurisprudenza Paolo Coccoluto
Ferrigni. Egli seguì
leroe dei due mondi anche nella
fortezza del Varignano,
dove era prigioniero e ferito
il comandante. Per curare
Garibaldi arrivò il chirurgo
Nelaton da Parigi,
accompagnato anche dal fotografo
Pierre Varner. Sembra che
questultimo abbia fatto
nascere al futuro Yorick
linteresse per la fotografia.
Anche se Ferrigni non fu
mai fotografo, è chiaro il
suo entusiasmo per la
tecnica e limpronta che egli
seppe dare
nellaccettazione dellarte meccanica nella
cultura italiana del
secondo ottocento.
Passati infatti pochi
anni collabora con il fotografo
Bernoud, nella stesura
delle biografie per
"LItalia
contemporanea", una pubblicazione a dispense
monografiche riguardanti
i personaggi più attuali del
periodo, tra cui
politici, artisti, militari, letterati e
diplomatici. Alcune
dispense sono oggi conservate
presso il Centro di
Documentazione di Villa Maria
di Livorno. Nei fascicoli
è inserita una fotografia in
formato carte de visite
realizzata dal francese
Alphonse Bernoud editore
della pubblicazione.
Egli è tra i più
importanti fotografi attivi in Italia,
già operatore itinerante
negli anni 40 sulla costa
ligure come
dagherrotipista, fu poi attivo
soprattutto a Napoli
dagli anni cinquanta.
Nel decennio successivo,
grazie ai successi ottenuti,
Beroud aprì i suoi studi
toscani, a Firenze e Livorno.
Ottiene il suo primo
riconoscimento internazionale
nellEsposizione
Universale di Parigi nel 1855 ma,
attraverso le carte del
Centro di Villa Maria,
troviamo un inserto
pubblicitario che ci informa di
un suo premio antecedente
ottenuto a Firenze
nel 1854
allEsposizione dellIstituto Tecnico.
Il Bernoud è un attento
osservatore della vita
politica e diplomatica
oltre che cronista dei fatti più
salienti dellepoca:
ritrae la famiglia Sabauda a
Firenze e la caduta dei
Borboni; sue sono le
immagini del terremoto in
Basilicata del 1857.
Bernoud apre il suo
studio livornese nel 1860 in
Via Vittorio Emanuele 71,
anche se non è possibile
escludere un suo
passaggio antecedente in città.
Viene premiato nella
prima Esposizione Nazionale
di Firenze nel 1861, dove
sono inoltre presenti i
livornesi Marzocchini e
Bettini.
Alcune corrispondenze
giornalistiche della
esposizione lo presentano
come fotografo livornese,
anche se sappiamo che la
sua attività era
prevalentemente nella
città partenopea.
Come osservatore della
nobiltà e dei membri della
diplomazia, Bernuod trova
nellattivismo di Livorno ,
con i consolati, il
continuo passaggio di viaggiatori
che arrivano via mare e
con le sue risorse turistiche,
la possibilità di
esercitare con profitto lattività;
le medesime valutazioni
che, possiamo supporre
anche altri fotografi non
livornesi realizzano,
decidendo di impiantare
uno studio a Livorno.
La città è, come già
ricordato, in fase espansiva,
sia per la nascente
industria cantieristica, che per
nuovi impianti e
fabbriche che nascono grazie ai
collegamenti offerti con
il porto. Verso gli ultimi anni
del secolo aprirà i
battenti lAccademia Navale con
il suo seguito di alti
ufficiali e professori che
frequenteranno la città
dove è già presente una
benestante classe
borghese di uomini dediti a
traffici e commerci.
Nel 1858 un altro
francese Alfonso Thaust Dodero
di Parigi, apre il
proprio studio al terzo piano di
Piazza dArme 11, a
fianco del Duomo.
Egli proviene dalla
Liguria dove ha aperto studio a
Genova nel 1853. La sua
attività a Livorno fu
probabilmente di breve
durata.
Con lunificazione
anche grazie alle mutate
condizioni politiche,
vengono aperti nuovi studi:
oltre al Marzocchini, che
in onore delle mutate
condizioni politiche
trasformò il nome della sua
ditta in
"Stabilimento Fotografico Italiano", nel
1861 sono presenti lo
"Stabilimento Fotografico
Veneziano" di Felice
Folchi, , lo studio dei fratelli
De Filippi al quinto
piano di Via Vittorio Emanuele
28 e lo studio
fotografico "Felsineo" di
Carlo Napoleo Bettini al
quarto piano di Piazza
dArme 21. Carlo
Napoleo Bettini e Giuseppe
Marzocchini, entrambi
sensibili al "vento
democratico" che
spirava in città, rappresentano
due capostipiti di
fotografi operanti a Livorno.
I loro successsori
proseguiranno lattività degli
studi fino ai primi
decenni del XXsec. Giuseppe
Marzocchini si avvalse
già dal 1861 della
collaborazione del figlio
Riccardo che poi
subentrò con la morte
del padre avvenuta nel
1865, nella gestione
dello studio. Al figlio, che
alla fotografia affiancò
anche lattività di litografo,
seguì quindi nel 1910 il
nipote Vittorio Ezio,
che pur ricoprendo
importanti cariche politiche,
non abbandonò
lattività fino alla sua morte nel
1925. Carlo Neopolo
Bettini originario di
Bologna , costretto dalle
sue convinzioni politiche
a emigrare in Egitto,
troverà a Livorno un luogo
idoneo per aprire nel
1859 il suo "Studio Felsineo".
Carlo Neopolo si fa
successivamente affiancare nel
suo lavoro dal figlio Ugo
partecipando insieme
allEsposizione
Nazionale di Firenze del 1861.
I Bettini aprono
unaltra sede in Via Magenta 23
nel 1866 mentre poco
tempo dopo lattività è
seguita solo dal figlio
Ugo, che diventerà famoso
nella comunità di
fotografi nazionali, grazie anche
al successo dei suoi
trattati tecnici. Agli inizi del
XX sec. è il figlio di
Ugo, Riccardo, a mantenere
alto il nome della
famiglia nel campo della fotografia.
Egli dopo aver operato a
Livorno trasferirà il suo
studio a Roma rilevando
inoltre gli archivi di due
famosi operatori romani
di origine straniera.
Negli anni immediatamente
seguenti allunità
dItalia, vi è
dunque un notevole flusso di operatori
che anche per breve
periodo, aprono studio nella
città tirrenica. In
questo breve lavoro possiamo
segnalare solo alcuni
nomi: Gamerra, Lemmi,
Luccardi, Bondioli,
Cioletti, Mercieca, i fratelli
Bartolena. Nella società
di questi ultimi, che
rilevarono
lattività livornese di Bernoud nel 1872
fu forse presente anche
il pittore livornese Cesare
Bartolena (1830-1903) che
viene anche segnalato
come fotografo.
Con gli elementi
attualmente in nostro possesso
e la oggettiva
difficoltà nel recupero di altri,
la ricostruzione delle
presenze di fotografi è solo
agli inizi anche se è
sufficiente a fornire un quadro
esaustivo
dellimportanza della fotografia a Livorno.
In Toscana, mentre a
Firenze laffluenza turistica
europea e la conseguente
domanda di immagini di
opere darte e
architettura, aveva inevitabilmente
posto le basi per
lapertura di nuovi studi con un
numero elevato di
operatori, anche esteri, gli altri
capoluoghi stentano,
almeno dagli elementi fino ad
oggi noti, a competere
nel numero delle presenze
di fotografi, rispetto
allattività sempre in fermento
dei seguaci di Daguerre a
Livorno.
E da notare come
litinerario ideale del flusso di
turisti legato al
"Viaggio in Italia" non comprendesse
la città portuale.
Quindi la produzione di immagini a
soggetto artistico come
quella fiorentina, che andava
lentamente a sostituirsi
con la precedente esecuzione
di stampe ed incisioni,
interessò altri siti tra cui Siena
con lopera di Paolo
Lombardi e Pisa, ma solo
marginalmente Livorno.
I più attivi fotografi
ci hanno lasciato infatti
soprattutto ritratti
privati o di personaggi in vista
come attori e uomini
politici. Non vi è una vera e
propria edizione di
immagini di architetture, paesaggi,
anche se, come nel caso
delle fotografie della
raccolta
"Minutelli", questi soggetti vengono eseguiti
su richiesta della
committenza. Linsieme dei
materiali raccolti dal
collezionista livornese Oreste
Minutelli (1833-1911) spinto
dallinvito fatto da
Ruggiero Borghi, ministro
della Pubblica Istruzione
di raccogliere notizie
storiche riguardanti la
propria città,
rappresenta oggi il corpo più importante
dellinsieme di
immagini fotografiche storiche
presenti in istituzioni
pubbliche livornesi.
Fondi interessanti sono
inoltre quelli di
Anna Franchi,
quello della famiglia di
Yorick-Coccoluto Ferrigni
(relativo però solo ai
rapporti con il mondo del teatro)
entrambi conservati
sempre presso il Centro di
Villa Maria, e quello del
Fondo Mascagni.
La collezione
"Minutelli" conservata presso il
Centro di Documentazione
di Villa Maria, è
conosciuta soprattutto
per lingente mole di materiali
iconografici storici in
essa custoditi: litografie,
acqueforti, bulini e
disegni, aventi in comune il
soggetto della città di
Livorno, le sue trasformazioni
urbanistiche nel corso
dei secoli, i suoi paesaggi.
A noi però
interessa verificare come per questo
collezionista,
limmagine fotografica abbia subito
avuto degno spazio
accanto alle tecniche di
riproduzione classiche.
Nel suo registro
manoscritto, alla voce autori dove
in ordine alfabetico
vengono riportati gli operatori
che realizzarono le
opere, Minutelli fa figurare
accanto a noti artisti
del bulino e delle morsure,
un drappello di fotografi
livornesi e nazionali.
Così insieme ad artisti
dello spessore di Stefano
Della Bella e Giuseppe
Maria Terreni, possiamo
trovare elencati i nomi
di Bernoud e di Marzocchini,
dei fratelli Bartolena e
di Ugo Bettini. Minutelli
accoglie quindi la
riproducibilità meccanica della
fotografia, come
espressione degna al pari delle
tecniche iconografiche
precedenti, di poter
documentare la sua città
in un periodo in cui ancora
pittori e incisori si
domandavano quale sarebbe stato
il loro futuro se, con la
camera oscura e laiuto del
sole, il fotografo poteva
provvedere facilmente alla
registrazione delle forme
della natura.
Daltra parte
Minutelli, per la considerevole mole di
materiali raccolti, ci da
limpressione di aver
assemblato il tutto,
valutando esclusivamente la
valenza documentaria dei
singoli oggetti.
La fotografia, con la
possibilità di riprodurre in breve
tempo tutti i dettagli,
nelle giuste proporzioni e
prospettive, assolve
egregiamente agli scopi per cui
Oreste Minutelli accorpò
i frutti delle sue ricerche.
Linsieme dei
documenti iconografici più che una
collezione darte,
si presenta come raccolta di
documenti visivi. Ecco
dunque che oltre alle foto
dinterni delle più
belle chiese di Livorno, troviamo
i ritratti di personaggi
protagonisti del Risorgimento
livornese. Insieme alle
immagini di architettura
troviamo la copiosa serie
di ritratti eseguiti quasi
tutti nello studio di Ugo
Bettini del trasformista
Archimede Castellani.
Quindi tutto
ciò che aveva
attinenza con la vita
della città fu raccolto dal
collezionista. Minutelli
seppe dunque approfittare
della fotografia e
intraprese soprattutto con Riccardo
Marzocchini, che nel
frattempo aveva ampliato i
suoi interessi anche
sulla tipo-litografia, una stretta collaborazione.Presumibilmente
Minutelli richiedeva
le immagini di soggetti,
quali monumenti,
architetture e altro, di
cui non aveva a disposizione
una esaustiva
documentazione, e i fotografi locali
provvedevano alle
riprese. Infatti nelle fotografie
di architetture e
paesaggi della raccolta, non vi
sono indicazioni in
riferimento a pubblicazioni o
edizioni delle stesse
immagini, non realizzate cioè
per essere vendute in
più copie, e quindi prive di
riferimenti riguardo alla
responsabilità del
soggetto,
dellautore, della data di pubblicazione.
Ledizione di
immagini, altrove nella penisola
è molto diffusa da
coloro che sono riusciti a dare
un carattere
imprenditoriale alla loro attività
(i fratelli Alinari e
Brogi a Firenze, Giorgio Sommer
e Roberto Rive a Napoli,
Anderson a Roma, Naya
a Venezia tra gli
altri).A Livorno dove la
committenza borghese
chiede soprattutto i ritratti,
le immagini ricercate da
Minutelli devono essere
appositamente realizzate.
Anche i formati fotografici
delle albumine applicate
ai fogli "Minutelli", hanno
spesso delle misure non
standardizzate e quindi
ipoteticamente realizzate
su richiesta del singolo
cliente. Della stretta
collaborazione tra Minutelli e
gli operatori livornesi
abbiamo conferma con lalbum
litografato da Riccardo
Marzocchini nel 1874
contenente 104
riproduzioni di incisioni e stampe
con vedute di Livorno,
commissionato dal
collezionista.
Esperimento analogo fu
tentato anche con un altro
fotografo livornese:
Marco Lemmi. Di questa iniziativa
commerciale abbiamo
traccia nelle carte del Minutelli
anche se non sappiamo se
essa fu effettivamente
portata a termine. Le
immagini della collezione sono
stampate con la tecnica
dellalbumina mentre le
ultime immagini raccolte
sono stampate con la
tecnica della gelatina.
Linsieme quasi completo
delle immagini che
Minutelli ha applicato ai fogli
o tavole, è privo di
supporto secondario che è
invece presente nelle
immagini a noi giunte sciolte.
Lapplicazione delle
stampe allalbumina in un
supporto secondario di
rinforzo è condizione
essenziale per questa
tecnica di stampa, onde
evitarne nel tempo, il
naturale "arrotolamento".
Questo supporto, nel
verso, veniva poi decorato
con fregi e disegni
pubblicitari, dove il fotografo
inseriva lindirizzo
del suo studio e autopromuoveva
la propria attività
riportando gli eventuali premi
ottenuti nelle varie
esposizioni, nazionali ed estere,
a testimonianza della sua
abilità.
Le fotografie storiche si
presentano sovente con
misure standardizzate che
fanno riferimento a
formati fotografici
riconoscibili, creati secondo il
gusto del periodo e al
tempo stesso secondo le
convenienze tecniche.
Vi erano quindi immagini
in formato "Mignon"
o "Mignonette",
"Victoria", "Salon", o "Cabinet",
"Boudoir",
"Album" ecc. Il formato che riscosse
più successo soprattutto
per le immagini di ritratto
fu il Carte de Visite
(circa 85x 55 mm), promosso
già nel 1854 da Adolphe
Eugène Disdéri.
Le misure ridotte
facevano sì che la fotografia
poteva facilmente essere
scambiata, conservata in
borsa o nei taschini, da
qui evidentemente
il suo nome. Le stesse
immagini di
Castellani,
che ebbero nella città
labronica grossissimo
seguito, sono in tale
formato, e ciò contribuì
sicuramente ad alimentare
un vero e
proprio collezionismo.
Verso gli ultimi decenni
del secolo, i continui
progressi tecnologici
portano a migliorare i
materiali e i mezzi per
realizzare fotografie.
Al fotografo non viene
più richiesta una
particolare e completa
preparazione sui processi
chimici in quanto i
materiali si acquistano già pronti.
A Firenze nasce nel 1889
la "Società Fotografica
Italiana" con Ugo
Bettini come membro del
consiglio direttivo. Il
giornalista livornese
Coccoluto Ferrigni, legge
un discorso nella seduta
inaugurale della società
stessam, considerato da molti
il miglior documento sui
rapporti della borghesia
con la fotografia.
Questi brevi cenni danno
appena lidea della
frenesia che ha
accompagnato linvenzione
fotografica nella vivace
Livorno ottocentesca.
Gli effetti
dellabolizione del porto franco sul finire
del secolo ma soprattutto
il passaggio di eventi storici
quali la seconda guerra
mondiale cambieranno la
struttura urbanistica e
sociale di questa città
cosmopolita che ha avuto
anche nei primi
fotografi dei validi
testimoni; il recupero e la
valorizzazione delle
immagini da loro prodotte
costituiscono in questa
chiave di lettura, una memoria
storica importantissima.